L’Agenzia Entrate ha fornito nuovi chiarimenti in merito al regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati, rispondendo ai quesiti di due contribuenti tramite l’istituto dell’interpello.
Il regime, introdotto dal decreto legislativo n. 209/2023 (articolo 5), si applica ai contribuenti che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia a partire dal 2024.
In particolare, se il datore di lavoro estero e quello italiano coincidono, il periodo minimo di permanenza all’estero si estende da tre a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore o gruppo) per cui si lavorava in Italia prima del trasferimento all’estero.
L’Agenzia ha chiarito che questa regola vale anche per chi, prima del rientro in Italia, ha interrotto un rapporto di lavoro dipendente per avviare un’attività autonoma. Inoltre, è stata confermata l’ulteriore riduzione della base imponibile al 40% in presenza di figli minori. Infine, l’Agenzia ha specificato che la verifica dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione richiesti dalla normativa non può essere effettuata tramite interpello, poiché si tratta di questioni tecniche non fiscali. Questi chiarimenti sono stati forniti nelle risposte n. 53 e n. 55 del 28 febbraio 2025.
Periodo minimo di residenza all’estero
Uno dei quesiti posti all’Agenzia (risposta n. 53) riguarda la durata minima di residenza all’estero prima del trasferimento in Italia. La normativa prevede che i redditi di lavoro dipendente, assimilati e autonomo prodotti in Italia siano tassati al 50% fino a un massimo di 600mila euro, a condizione che il contribuente non sia stato residente fiscalmente in Italia nei tre anni precedenti (articolo 5, comma 1, Dlgs n. 209/2023).
Se il lavoratore rientra per lavorare presso lo stesso datore di lavoro (residente o non residente) che lo aveva impiegato all’estero, il periodo minimo di residenza all’estero aumenta da tre a sei o sette anni, a seconda delle circostanze. Nello specifico:
– Se il lavoratore non ha mai lavorato in Italia per lo stesso soggetto prima del trasferimento all’estero, il periodo minimo di permanenza all’estero è di sei anni.
– Se il lavoratore aveva già lavorato in Italia per lo stesso soggetto o per un’azienda dello stesso gruppo prima di trasferirsi all’estero, il periodo minimo sale a sette anni.
L’Agenzia ha precisato che il tipo di rapporto contrattuale non incide su questa regola: l’allungamento del periodo minimo di residenza all’estero si applica indipendentemente dal fatto che il lavoratore torni in Italia come dipendente o autonomo. Il fattore determinante è che il lavoratore rientri per lavorare per lo stesso soggetto per il quale ha lavorato all’estero. Nel caso esaminato, il periodo minimo richiesto era di sette anni, anche se il contribuente aveva nel frattempo svolto un’attività autonoma.
Riduzione della base imponibile in caso di figli minori
Un ulteriore aspetto chiarito dall’Agenzia riguarda la riduzione al 40% della base imponibile per i lavoratori impatriati con figli minori. Il contribuente ha chiesto conferma della possibilità di applicare questa agevolazione anche nel caso in cui entrambi i genitori ne facciano richiesta (risposta n. 53).
L’Agenzia ha confermato che tale beneficio è subordinato alla residenza del figlio minore o adottivo in Italia durante il periodo di applicazione del regime agevolato. Inoltre, ha specificato che il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio dopo il rientro del genitore non comporta la perdita dell’agevolazione. La riduzione può essere applicata da entrambi i genitori, a condizione che siano rispettati tutti i requisiti previsti dalla normativa.
Requisiti di elevata qualificazione o specializzazione
Un altro chiarimento (risposta n. 55) riguarda i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione previsti dall’articolo 5 del Dlgs n. 209/2023, in particolare il riferimento alla lettera d), che richiama le definizioni contenute nel Dlgs n. 108/2012 e nel Dlgs n. 206/2007. Un contribuente ha chiesto se il possesso di un titolo di istruzione superiore di almeno tre anni sia sufficiente per accedere al regime agevolato.
L’Agenzia ha precisato che, in base ai principi generali dell’interpello (articolo 11 della legge n. 212/2000), le istanze che richiedono la valutazione dei titoli di qualificazione non sono ammissibili. Tali richieste, infatti, non riguardano questioni interpretative di norme fiscali, ma accertamenti di fatto.
Pertanto, l’individuazione dei requisiti richiesti per accedere al regime agevolativo deve avvenire seguendo le disposizioni del Testo Unico sull’Immigrazione (Dlgs n. 286/1998) per i lavoratori altamente qualificati e del Dlgs n. 206/2007 per le professioni regolamentate. Non essendo norme fiscali, la loro interpretazione non può essere oggetto di interpello presso l’Agenzia Entrate.